27 ottobre
1986
Il dialogo
tra le religioni trent’anni dopo
Di Riccardo
Burigana
Pref. di Andrea Riccardi
Edizione del 2016
Edizioni Terra Santa (140pp.)
L’autore inizia il suo lavoro citando le parole
pronunciate da Papa Francesco nel corso dell’udienza per il 50° anniversario
della Dichiarazione Nostra Aetate,
uno dei frutti più maturi dei lavori del Concilio Vaticano II. La Dichiarazione
tratta dei rapporti tra religiosi cristiani e credenti in altre fedi. Papa
Francesco ha ricordato come l’incontro di preghiera tra le religioni, voluto e
realizzato da San Giovanni Paolo II il 27 ottobre del 1986, sia stato l’evento
che abbia permesso di aprire una nuova stagione di dialogo, comprensione e
collaborazione tra le religioni. Quella giornata di preghiera e digiuno, tutti
insieme diede una svolta netta, in quanto aprì le religioni al nuovo orizzonte
del dialogo che porta a costruire insieme la pace, mantenendo le proprie
identità.
Nella prefazione, Andrea Riccardi ,
testimone diretto della giornata, cita il discorso di Papa Wojtyla: “La pace attende i
suoi profeti”.
Già con questa frase il Papa fa intendere il desiderio di suscitare
nuovi compagni di viaggio nel cammino verso la pace tra i popoli: da lì, si
inizia a ragionare se dare un seguito, magari, annuale a quel primo grande
incontro di preghiera di Assisi del 1986: le resistenze erano diverse, alcuni
prelati cattolici pensavano dovesse rimanere come un “unicum”.
La Comunità di Sant’Egidio, con il sostegno di alcuni
vescovi raccolse il testimone e gli incontri tra religioni per pregare per la
pace sono proseguiti fedelmente ogni anno, in tante fino ad arrivare al 30° anniversario,
appena celebrato nuovamente ad Assisi, con la partecipazione di Papa Francesco.
La preghiera del 1986 è stata un momento di svolta per la Chiesa Cattolica
come per il mondo delle religioni.
L’autore ci accompagna rivivendo questo cammino durato
trent’anni, in cui i lavori e i documenti usciti dal Concilio Vaticano II,
hanno permesso la realizzazione di “Assisi
1986” .
Nel suo lavoro, Burigana inizia spiegando i prodromi che
hanno permesso l’evento di Assisi: il Concilio Vaticano II e i suoi Documenti,
la sua recezione, i rapporti di dialogo con le altre religioni.
In particolare, Papa Paolo VI raccogliendo lo spirito del
dialogo introdotto nel Concilio, compì alcuni passi fondamentali: creò un “Segretariato per i non cristiani”;
promulgò l’enciclica “Ecclesiam suam”;
infine compì un viaggio a Bombay, in India, per incontrare la spiritualità
orientale, dove parlò dell’importanza di favorire un dialogo tra le fedi.
Il viaggio in India aveva seguito un altro evento storico:
l’incontro fraterno a Gerusalemme, nel gennaio 1964, tra Papa Paolo VI e il Patriarca
Atenagora di Costantinopoli. Fu il primo passo nel tentativo di riavvicinare
chiese sorelle che per troppi secoli avevano vissuto separate.
I diversi gesti di Paolo VI aprivano una nuova stagione
per la Chiesa nel rapporto con gli altri credenti, frutti che matureranno negli
anni.
Con Giovanni Paolo II i passi compiuti da Paolo VI
matureranno con una velocità inattesa con l’invito ad Assisi
Francesco, il frate poverello di Assisi era un po’ l’icona
del dialogo: il suo incontro con il Sultano per dialogare, senza rinunciare
alla sua identità erano un simbolo. Così, come Assisi stessa è il luogo alto
della fede, ma anche dell’accoglienza, del dialogo e naturalmente della
preghiera.
La grande intuizione di San Giovanni Paolo II fu di
intervenire con una preghiera fra le religioni, in un periodo storico in cui la
politica internazionale era in stallo, a causa della Guerra Fredda in corso tra
i due blocchi allora esistenti, il Papa sperava con il suo invito di dare uno
scossone ad mondo ingessato, che pensava solo a riarmarsi sperando, così, di mantenere
la pace con il bilanciamento delle armi, ma di essere sempre pronta a
rispondere in caso di attacco.
Assisi 1986 diede effettivamente una scossa. E il sogno di
San Giovanni Paolo II era che si continuasse a vivere lo spirito di pace
sprigionato ad Assisi.
Al termine di quella storica giornata, in molti cercarono
di dare una risposta, anche traducendo in una realtà quotidiana quanto vissuto
in quella giornata: l’autore cita gli Incontri internazionali per la pace
promossi dalla Comunità di Sant’Egidio già dal 1987 e proseguiti annualmente in
diverse città europee (ma non solo), sempre con il desiderio di mantenere vivo lo
“Spirito di Assisi”.
Dall’edizione del 1990 che si tenne a Bari, oltre alla
preghiera, si svolgono degli incontri, delle tavole rotonde, momenti
assembleari in cui parlare del problemi esistenti invitando esponenti politici,
della cultura, uomini di buona volontà, tutti nello spirito di dare il proprio contributo
personale alla pace, riaffermando che ogni uomo può essere un uomo di pace e
fare la pace, portare pace.
L’azione di Giovanni Paolo II non si esaurì con la
preghiera di Assisi: anzi, rappresentò il primo dei suoi grandi contributi per
contribuire alla pace nel mondo.
L’autore, proseguendo nella sua analisi, si sofferma
all’edizione del 2011, il 25° incontro.
A quell’anniversario così importante volle partecipare
anche Ratzinger, ora divenuto Papa Benedetto XVI, che da cardinale non vedeva
di buon occhio la prosecuzione di Assisi. Ma, il suo pensiero era maturato e i
suoi dubbi si erano sciolti.
La nuova preghiera di Assisi fu una edizione particolare,
oltre per la ricorrenza, anche per il coinvolgimento di personalità non legate
alle religioni, e per la condanna decisa, senza mezzi termini, del pensiero che
vorrebbe le religioni coinvolte con la violenza e con la guerra.
Nel concludere il lavoro, l’autore ci dice quanto dello
Spirito di Assisi si possa trovare nel pensiero e nell’opera di Papa Francesco:
lui, che da subito si è presentato come uomo di dialogo, di pace e dell’essere
insieme nel condannare la
violenza. Sono tanti e diversi i gesti di Papa Francesco che
propendono per la scelta di lavorare per la pace e la convivenza, di rifiutare
della cultura dello scarto, di richiamare ciascuno ad una preghiera costante
per la pace in Siria, in Medio Oriente e in tanti altri paesi del mondo, in
quanto un uomo di religione può essere solo un cercatore di pace.
Papa Wojtyla ha lasciato una grande eredità con la
Preghiera per la Pace, l’eredità è stata raccolta e ha fruttificato con gli altri pontefici.
In un tempo in cui alcuni "profeti" hanno parlato di scontro
di civiltà, tanti altri oggi riaffermano che la preghiera e il dialogo hanno una loro forza e, come conclude l’autore:
“Francesco chiede alla religione di essere pellegrina nel
mondo e di portare con gioia e speranza, il patrimonio spirituale della propria
identità, con la quale costruire ponti in servizio alla pace”.
Gli incontri di preghiera iniziati e ritornati quest'anno ad Assisi hanno permettono di incontrarsi tra differenti, tra uomini che difficilmente si incontrerebbero, e di dialogare, conoscersi e pregare. Premessa alla costruzione di ponti che rendono la vita più bella per tutti.
26 settembre 2016
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