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martedì 24 ottobre 2017

PRESIDENTI

Le storie scomode dei fondatori delle squadre di calcio di Casale, Napoli e Roma

 

di Adam Smulevich


Ed. Giuntina, 2017 pp.138

La questione razziale fu una tragedia per l’Europa durante il regime nazista. Ma, in pochi sanno che, in Italia, anche il calcio fu investito dall’onda antisemita, che prima estromise gli ebrei dallo stato, poi, dalle posizioni di comando, infine dalle proprie case e città.
In particolare, nel cosiddetto “Ventennio fascista”, il gioco del calcio aveva già preso piede, vi era un campionato nazionale regolare dalla fine dell’Ottocento, e alla vigilia dell’entrata in vigore delle leggi razziali, tre presidenti di squadre di Calcio della Serie A, avevano origini ebrei, o meglio, le loro famiglie avevano origini ebraiche.
Raffaele Jaffe (foto de l’Avvenire)
In particolare, Raffaele Jaffe, Presidente del mitico Casale, l’unica squadra che riuscì a soffiare uno scudetto al predominio assoluto della Pro Vercelli, capace di vincere scudetti a ripetizione, partendo con una squadra fondata con un gruppo di ragazzi, fino ad arrivare a giocarsi lo scudetto e a conquistarlo.
Jaffe si era convertito al cristianesimo in tempi “non sospetti” per via del matrimonio contratto con la cristiana Luigia Cerutti, ma ciò non lo preservò, dopo alterne vicende, dalla deportazione verso il campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau, in cui non riuscì a sopravvivere.
La storia della squadra del Casale ha quasi dell’epico, ma che è forse delle tre narrazioni, la vicenda più bella da raccontare e da conoscere, perché riporta il mondo del calcio a quello che era: una passione sportiva. Infatti, tutto nasce con i primi passi di alcuni di ragazzini della scuola che, in un prato e con un improbabile pallone di cuoio, riescono a creare un gruppo di giocatori che, quattro anni più tardi, diverrà una squadra a tutti gli effetti, in grado di competere con le migliori, compresa la storica rivale della Pro Vercelli. 
 Squadra di Casale, Campione d'Italia 1914 (foto de l’Avvenire)
Crebbe così tanto da giocarsi una epica finale contro la Lazio, per lo scudetto del 1914. La ricostruzione dei fatti compiuta dall’autore, grazie alla documentazione dell'epoca, è un vero capolavoro!

Degno di nota è anche la nota di cronaca, non certo secondaria, oggi, di come furono accolti gioiosamente i giocatori della Lazio (ultima avversaria per lo scudetto) a Casale.



Giorgio Ascarelli (Foto de l'Avvenire)
Segue poi la narrazione della storia del presidente fondatore dell’Associazione Calcio Napoli, Giorgio Ascarelli, ebreo anch’egli, che aveva uno fatto costruire uno stadio nuovo all’avanguardia per quegli anni. In quegli anni, nel 1932 all’Italia venne assegnato l’onere e l’onore di ospitare i Campionati Mondiali di Calcio, e lo stadio intitolato al mecenate ebreo Ascarelli, non poteva passare inosservato ai nazifascisti.

Così venne imposto di cambiare nome allo stadio, nel 1934 la partita tra Austria-Germania si sarebbe giocata nello stadio “Partenopeo”, nascondendo l’“infamia”, della nazione ariana giocasse in uno stadio creato da un ebreo. E così fu.

Più degno di nota, forse, è la vicenda che riguarda il padre fondatore della A. S. Roma, Renato Sacerdoti che aveva creato per la squadra il famoso “Campo Testaccio” far allenare e giocare le partite. Sacerdoti era un bravo uomo d’affari, facoltoso. Documenti dell’epoca testimoniano il suo orgoglio nell’essere un fascista convinto della prima ora e, nel tentativo di non incorrere nelle persecuzioni, abbandonò la religione ebraica nel 1937.
Renato Sacerdoti (foto de l’Avvenire)

Ma non servì a nulla, infatti, alla prima occasione, venne accusato di esportare illegalmente valuta. Serviva un capro espiatorio, un personaggio negativo da sacrificare agli occhi dell’opinione pubblica, e venne additato come traditore della patria, con l'accusa di nascondere soldi.
Inutili le difese e Sacerdoti, nonostante la lunga e convinta militanza, fu condannato al confino per 5 anni.

Un testo interessante, che apre uno spaccato su cui poco si è fatta luce, ma dove la miopia di un regime che andava contro i propri interessi, accanendosi anche contro i propri militanti non mancò di venire a galla, fino ad uscire e fino a minare nelle fondamenta il regime fascista, già “commissariato” dai nazisti tedeschi.
Arricchiscono il volume tutta una serie di fotografie d’epoca dei protagonisti e delle squadre, come anche le lettere inviate a Mussolini dai diversi presidenti spiegando, inutilmente le loro ragioni e la loro fedeltà al fascismo.