Edizione recensita del
2016, Mondadori (pag. 177)
L’autore ci propone un testo
molto intenso.
Il protagonista dell’opera è il
priore di una sconosciuta località della Toscana, Barbiana frazione di San
Donato Calenzano, Don Lorenzo Milani. Nominato Priore del paesino montano, lui,
vissuto, cresciuto e formatosi in città, ha capito subito lo strappo subito
dagli abitanti di una così estrema periferia sociale e materiale. Ha iniziato da
subito a ricucire un tessuto sociale strappato, quello della alfabetizzazione
dei figli dei contadini del Mugello, abbandonati perché senza una scuola se non
a decine chilometri di distanza dalla loro case, creando per loro una vera e
propria scuola dove si imparava a leggere a scrivere, ma si leggeva anche il
giornale, si parlava della vita, del mondo, dei problemi, del futuro.
Negli anni successivi, a Don
Milani è stato riconosciuto il merito di aver esercitato una grande umanità. E
il suo esempio che è stato ripreso e riprodotto, nel tempo, da altri.
Don Lorenzo Milani ha seminato,
ha gettato dei semi con il suo lavoro anonimo, lontano dalle cronache del
tempo, istruendo gratis gli ultimi della società, cioè i figli dei contadini e
dei lavoratori di un paesino della provincia fiorentina, bambini (ma non solo)
che non avevano potevano ricevere neanche la dignità dell’istruzione
elementare. A ben vedere, don Milani si è preso carico dei piccoli delle “villas miserias” che così bene ha
conosciuto Papa Francesco e di cui spesso parla: “i bambini scartati”.
Don Milani creò un capolavoro con
la sua Scuola Popolare, senza mezzi, senza potere, anzi anche incompreso e, a
tratti, osteggiato dalla Chiesa del tempo, ma con il suo lavoro capace e
caparbio con mano docile e ferma, poté riscattare la vita dei figli di tante
famiglie che sarebbero stati condannati, altresì, all’ignoranza e a finire i
loro giorni come i loro padri.
Ma il seme gettato da don Lorenzo
è stato trasportato dal vento e ha dato frutto anche altrove: l’autore Eraldo
Affinati, infatti, segue le “strade di don Lorenzo Milani”, ma poi prosegue,
continua il suo percorso e scopre tanti frutti buoni, tante “scuolette”,
create, gestite e sostenute senza mezzi da tanti uomini di buona volontà che
hanno istruito ultimi, gente povera, a cui nessuno si sarebbe mai avvicinato; figuriamoci,
impegnarsi nel tempo per insegnare a leggere e a scrivere, a far comprendere la
società in cui vivono!
La straordinarietà di don Milani
era anche in questo: nel far emergere ai suoi uditori la necessità di farsi
domande, di chiedere, perché chiedersi le cose e cercare le risposte non solo è
sempre lecito, ma necessario per capire e rientra nel senso di giustizia della
vita di cui ogni uomo ha diritto di vivere.
Ognuno nella vita deve avere gli
stessi mezzi, strumenti, poi starà a lui utilizzarli o meno.
Un estratto di un colloquio poi
riportato dall’autore, tra don Milani e il cardinal Florit, illumina la
profezia dell’umile don Lorenzo:
“Pochi mesi prima di morire, Don Lorenzo Milani parlò al Cardinale
Ermenegildo Florit, il quale aveva un po’ ostacolato l’azione del priore. Don
Milani disse una frase importante: «Lo sa qual è la differenza tra me e lei,
Eminenza?». «No, mi dica, priore». «Io sono più avanti di Lei di cinquant’anni»
rispose il priore, con quel suo solito modo provocatorio. Oggi, a distanza di
quarantanove anni dalla sua morte, avvenuta nel 1967, possiamo dire che davvero
quella frase era profetica perché molte delle sue sfide e delle sue scommesse
sono ancora oggi aperte. Davvero era l’uomo del futuro”
Il testo di Affinati è molto
importante perché consegna l’eredità fruttificata del pensiero di don Lorenzo
Milani. Ma, l’autore ha svolto un percorso molto attento e approfondito: ha
studiato le origini della famiglia di don Milani, i luoghi della sua origine, la
famiglia, gli studi, le esperienze, la maturazione, la vocazione…
In parallelo, narra le esperienze
moderne dell’istruzione agli ultimi. Cioè, ci sono ragazzi analfabeti e che
chiedono istruzione come a Barbiana anche oggi: l’autore, anch’egli insegnante,
pedagogo, educatore, a cinquanta anni di distanza da don Milani, ha girato il
mondo in cerca dei semi che da Barbiana il vento ha traportato nel mondo
intero: dalla Russia alla Germania, dalla Cina al Messico, tanto che hanno proseguito
il servizio di don Milani anche se non avevano mai conosciuto né sentito
parlare di lui, ma che interpretano misteriosamente il suo pensiero tutti i
giorni.
L’autore ha capito don Lorenzo Milani e ha fatto sua la profezia, tanto da creare delle vere scuole di lingua italiana agli stranieri, denominate "Scuola Penny Wirton".
La scuola creata da Affinati si stacca dall'idea ufficiale di scuola: non prevede incombenze burocratiche di sorta, nemmeno la valutazione, che si traduce nella semplice approvazione dei progressi conseguiti in itinere; non presuppone scadenze temporali né rigida programmazione; non richiede obbligo di frequenza, né per i discenti, né per i docenti; si limita a registrare ogni volta le presenze e le attività svolte singolarmente allo scopo di facilitare il proseguimento la volta successiva.
Tutto questo è possibile eliminando l'idea base di classe e sostituendola con la relazione personale tra chi insegna e chi apprende.
I docenti della scuola Wirton svolgono il loro impegno senza retribuzione, offrendo volontariamente la loro opera.
L’autore giustifica così la definizione di don Lorenzo Milani quale uomo del futuro: in tanti hanno ricevuto il testimone dal Priore di Barbiana, il valore del suo lavoro e lo hanno riprodotto nel mondo di oggi, con le singole peculiarità, ma ogni esperienza contiene l’odore della prima evangelica intuizione di don Lorenzo: la giustizia sociale che anche gli ultimi della società devono poter ricevere, tramite la cultura e l’alfabetizzazione.
Germano Baldazzi
Roma, 02 settembre 2016
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