La
rivoluzione del potere gentile
Di Isabella
Guanzini
Edizione del 2017
Edizioni Ponte alle Grazie (192pp.)
L’ispirazione di questo volume viene in buona parte dal pontificato
di Papa Francesco, dalle sue parole e dai suoi gesti, così carichi di senso,
tanto da ispirare l’autrice nella stesura di un volume che ha per titolo
un’espressione densa di significati e, nel sottotitolo, un’antitesi, cioè:
“Rivoluzione”, e “Gentile”.
L’autrice, teologa e docente di Storia della Filosofia,
analizza il ruolo della tenerezza nella società attuale, infarcendo il testo di
diverse citazioni e richiami ad opere famose.
“La tenerezza
salverà il mondo”, parafrasando una nota espressione, è l’assioma che
l’autrice fa sua, man mano che si prosegue nella lettura del testo.
In un mondo in cui i tempi sono regolati da pc, smartphone,
mail followers, like, la
tenerezza sembra essere ormai del tutto inadeguata allo spirito di oggi.
La vita metropolitana quotidiana sembra non avere più
bisogno o tempo per gesti di tenerezza, anzi, lo sviluppo di una cultura
pressoché monetaria sembra aver soppiantato anche i legami sociali.
L’autrice nel percorrere i diversi tempi storici, passa
dal parlare della insensibilità verso chi era sopravvissuto al dramma di
Auschwitz e dello sterminio, trattando i reduci con una freddezza tale che
potesse far distaccare la gente dall’orrore; per arrivare a parlare dell’“Ipertrofia
dell’Io” di oggi, come malattia mentale dell’uomo della nostra epoca.
Isabella Guanzini afferma che accettando gli echi di un
modo di vivere con “tenerezza”, si possa giungere ad vita rivoluzionata. Cioè, vivere
provando tenerezza verso la vita affidata, o donata, o anche piovutaci addosso!
Sono molto belli i “Ritratti di tenerezza” che l’autrice
descrive.
Inizia con il ritratto della tenerezza di un figlio verso
il padre.
Incontriamo brevemente la narrazione della fuga di Enea da
Troia, ma salvando da sicura morte l’anziano padre, caricandolo sulle sue
spalle. E qui, l’autrice nota come nella fuga siano unite le tre generazioni:
con Enea, infatti, ci sono il padre Anchise, ma anche il figlio Ascanio. Si
salveranno tutti insieme. Enea usa la tenerezza, sia per salvare il padre che
il figlio; loro sono l’unica speranza di un futuro diverso dalle rovine che
stanno lasciando.
La tenerezza è anche profumata: come nel gesto - che
l’evangelista Giovanni narra nel suo Vangelo - di Maria Maddalena verso Gesù,
di lavargli e profumargli i piedi, prima della sua Crocefissione.
Qui, la tenerezza passa da quella di un figlio verso il
padre, a quella di una donna verso un Maestro.
La tenerezza può essere anche quella di un medico che, nel
suo lavoro, possa vedere nella tragedia della morte di tanti migranti, anche la
tenerezza di una donna che dà alla luce un bimbo, anche se in condizioni tanto dolorose
o drammatiche.
É «la tenerezza che
rompe la “bolla di sapone” dell’indifferenza globale che ci rende insensibili
alle grida degli altri”», utilizzando in modo molto incisivo le parole di
Papa Francesco pronunciate in occasione della sua visita a Lampedusa.
L’autrice ricorda, tra le altre, queste parole e scrive
che la tenerezza corrisponde anche alla “ritrovata
capacità di piangere insieme dell’altro e, al contempo, fa nascere contro ogni
speranza, in mezzo ai barconi o ai relitti”.
Qui, solo gesti di tenerezza potranno almeno in parte
restituire quanto si è perso nel corso di una vita, chiosa l’autrice.
In conclusione, la tenerezza è necessaria, perché - nella
sua caducità - non mira al dominio, ma preserva la vita nella sua debolezza e con
la sua delicatezza. Di conseguenza, la tenerezza è impagabile.
16 giugno 2017